“Ma non fanno confusione???”
Un giorno, Giulio chiede alla nonna di inserirgli il suo cd perché mi deve far ascoltare la sua “preferita canzone“: prendo nota del fatto che ha usato la costruzione inglese (“my favourite song”), e che l’ha traslata di netto in italiano: è il fenomeno del code-switching. Poi vengo distratta dalla consapevolezza che mio suocero ha forse irrimediabilmente traviato i gusti musicali di mio figlio: la canzone in questione è Romagna Mia! Potrei farvi altri esempi che riguardano l’applicare l’ordine lessicale dell’inglese all’italiano, ma anche, e soprattutto, quello di inserire parole inglesi in frasi in italiano, che viene definito code-mixing, o borrowing. Ogni genitore che decida di esporre un bambino a due o più lingue deve aspettarsi episodi del genere. ora vi spiego perché dovete pure esserne contenti!
Un pregiudizio da sfatare
La tematica della confusione tra le due lingue è una delle questioni più spinose, che si tratti di mischiare le parole o i costrutti grammaticali e sintattici. E’ anche una delle preoccupazioni che affliggono i genitori che decidono di non perdere l’occasione di far imparare ai propri figli due lingue in contemporanea. Insomma, uno dei pregiudizi comuni sul bilinguismo è che i bambini finiscano per imparare due mezze lingue, per non parlarne in maniera perfetta nessuna delle due. Vediamo un po’ di analizzare e possibilmente smontare questo luogo comune.
La differenza tra prima e seconda lingua

Il bilinguismo perfetto non esiste: esistono invece una prima e una seconda lingua:
- La prima lingua: è quella preponderante perché è quella che parla il mondo che sta attorno al bambino, la lingua nella quale avvengono la maggior parte delle relazioni sociali. Nel nostro caso la prima lingua è l’Italiano, perché viviamo in Italia e, oltre a papà, zii e nonni, tutto il mondo esterno parla italiano.
- La seconda lingua: è una lingua alla quale il bambino viene sottoposto in determinati ambiti, solitamente quello familiare, ma anche quello scolastico (pensiamo ai bambini di famiglie straniere che frequentano le scuole italiane, o un bambino che invece frequenti una scuola inglese o una scuola bilingue).
Le due lingue possono essere parlate entrambe in modo fluente, oppure una in modo nettamente migliore, soprattutto se, come nel nostro caso, il genitore che introduce la seconda lingua non è un madrelingua. Ci sarà sempre una lingua “preponderante”.
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Che cos’è il code-switching
Spesso i bambini bilingui inseriscono parole della seconda lingua parlando nella prima, il caso più frequente, o applicano costrutti grammaticali o sintattici di una lingua esprimendosi in un’altra. Questo spesso avviene all’interno della stessa frase. Si tratta del fenomeno del code-switching, letteralmente cambio di codice, in concreto si tratta dell’abitudine di mescolare due lingue.
Perché è un bene
Questo spesso spaventa genitori ed educatori, perché viene percepito come una sorta di confusione, ma non è così. Secondo alcuni studi, quando in casa si parlano due lingue, il bambino impara prestissimo a distinguerle. Bambini anche di pochi mesi in ambienti bilingui guardano la bocca del loro interlocutore e reagiscono diversamente a seconda che gli si rivolga in una o nell’altra lingua. Quando Ettore e Giulio erano molto piccoli mia madre sosteneva che prestassero più attenzione quando parlavo con loro in inglese. Questo per dire che, no, i bambini non fanno confusione, ma decidono coscientemente di mescolare le due lingue. Quando lo fanno stanno usando la lingua in modo sottilmente creativo.
Le sfumature delle lingue
Le lingue sono organismi vivi e pulsanti e sono in grado di esprimere la sterminata gamma delle situazioni e dei sentimenti umani. Dare ad un bambino due lingue è come dare due tavolozze con colori diversi. E’ naturale che esprimendosi decida, potendo, di usare tutte le possibili sfumature, e che, se necessario, mischi i colori. Pensate ai fortunati bilingui inconsapevoli che parlano il dialetto: non vi capita mai, in una conversazione, di inserire qualche espressione in dialetto? A me a volte sembra che non ci sia, in quel contesto, una frase in italiano esattamente adatta ad esprimere quello che ho in mente. I bambini che parlano più di una lingua fanno lo stesso: se necessario inseriscono una parola che in quel contesto sembra più appropriata, o una frase che nella seconda lingua è più incisiva, anche se stanno esprimendosi nella prima, o viceversa.
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Lingue diverse per ottenere cose diverse

Se si usa, come facciamo noi, il metodo OPOL (One Language One Parent), vorrà dire che il bambino tenderà ad associare una lingua alla mamma e una al papà. Qualsiasi genitore ha esperienza di come i bambini usino i mezzi a loro disposizione per spiegarsi e ottenere quello che desiderano. Si passa da un semplice pianto per fame, a tecniche via via più sofisticate. I miei gemelli sono diventati dei maestri in questo: quando desiderano compiacermi, spesso per un secondo fine, mi parlano in inglese. Se invece desiderano esprimermi tutta la loro rabbia e il loro disappunto, causato da un rimprovero o un rifiuto, parlano in italiano. L’inglese è la lingua delle coccole, dell’atmosfera rilassata della favola della sera, è la lingua delle cose che facciamo insieme, e viene associata alla mamma. Quando invece si litiga, o ci si punzecchia, arriva l’italiano! Neanche questo è casuale.
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Niente di cui spaventarsi
Insomma, tutto regolare, parole e frasi mescolate non costituiscono un problema. Se il bambino mescola le due lingue sta solo dimostrando le sue elevate capacità di comunicazione interpersonale, e una buona flessibilità linguistica. Crescendo capirà meglio quali sono i contesti nei quali è più adatto farlo e quando è meglio evitare. Inoltre, essendo più grande, gli adulti smetteranno di pensare che venga fatto inconsapevolmente.
Per quanto ci riguarda al momento siamo in pieno fenomeno code-switching: i due pestiferi si divertono a farlo in particolare con la nonna, che, con sguardo perplesso si augura che, a forza di dai, imparino anche il dialetto bolognese!!!
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