Bilinguismo
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OPOL o MLAH: esiste un metodo migliore per crescere bilingue?

OPOL-MLAH

Bilinguismo: perché serve un metodo

Quando abbiamo deciso di intraprendere un’educazione bilingue per i gemelli, vi dico la sincera verità, non ci siamo assolutamente preoccupati di applicare o meno un metodo. In realtà non ci siamo nemmeno preoccupati del fatto che esistesse un metodo! La cosa più scontata era che io parlassi inglese ai bambini, il più possibile: laureata in lingue vince contro ingegnere. Le mie ansie principali non riguardavano certo il metodo. Mi preoccupavano piuttosto il fatto di non essere madrelingua, e la reazione di parenti e amici. A volte buttarsi inconsapevolmente nella mischia ha i suoi risvolti positivi. Ma non è questo il caso.

Navigare a vista? Anche no

Portare avanti un’educazione bilingue è un gran lavoraccio, ed essere perfettamente consapevoli di quello che si sta facendo è un grande vantaggio. Navigare a vista può anche funzionare alla fine, ma è difficile, soprattutto se non si è madrelingua, e ti lascia scoperto alla prima difficoltà. Un esempio su tutti: moltissimi progetti di educazione bilingue naufragano attorno ai due anni del bambino. Basta il primo educatore, parente, amico o sapientone di turno che sostiene che il bambino ha un ritardo nel linguaggio a causa dell’educazione bilingue ed ecco che, in preda al panico, si passa ad un’educazione monolingue. I pregiudizi sul bilinguismo sono ancora tanti, avere un metodo ed essere coscienti di cosa si sta facendo, di come e perché, è una garanzia.

Il metodo OPOL: One Parent One Language

Il metodo OPOL è sicuramente il più conosciuto. E’ stato codificato nel lontano 1902 dal linguista francese Maurice Grammont. La sua teoria si basa sull’idea che, affidare ad un genitore l’onere esclusivo di introdurre la seconda lingua, sia la miglior garanzia contro le interferenze tra i due codici. Gammond sosteneva inoltre che il metodo OPOL fosse sostanzialmente una garanzia di successo di un progetto di educazione bilingue. Molti altri studiosi hanno sostenuto che il metodo OPOL sia quello migliore, se non l’unico in grado di garantire un effettivo bilinguismo. Alcuni arrivano addirittura a sostenere che, per incentivare il bambino ad esprimersi nella seconda lingua, il genitore che introduce la lingua minoritaria, dovrebbe fingere di non capire se il bambino gli si rivolge nella prima lingua!

MLAH: Minority Language At Home

Questo metodo è stato definito in tempi molto più recenti. Non prendete alla lettera la parte che riguarda “at home”: non si intende tanto l’idea di una lingua che si parli solo tra le mura di casa, quanto piuttosto quella di un metodo fatto su misura per la famiglia che lo adotta. Si tratta sostanzialmente di decidere come introdurre la seconda lingua anche in base ai ritmi e alle particolarità di ciascun nucleo familiare. La mia amica Anne, che è di origine alto atesina, e quindi lei stessa bilingue italiano-tedesco, è medico. Non riuscendo a passare tutto il tempo che vorrebbe con i suoi bambini, ha deciso di farsi dar man forte da sua mamma, che è il secondo familiare a parlare tedesco ai bambini. Avendo comunque bisogno di una baby sitter, hanno optato per la giovane figlia di un’amica tedesca.

Spesso, quando il genitore che introduce la lingua minoritaria non è madrelingua, è più facile assumere questo metodo. Ad esempio, se entrambi i genitori parlano la lingua straniera che si vuole introdurre, è utile che il bambino se ne renda conto: quando deciderà di esprimersi nella seconda lingua lo farà liberamente, sapendo che è capito da entrambi. Con questo metodo, pertanto, si può decidere che entrambi i genitori introducano la seconda lingua, anche se c’è un genitore prevalente. Oppure, si possono cercare altre occasioni di esposizione alla seconda lingua, come gruppi di gioco o saltuari corsi intensivi. O ancora si può decidere di dedicare determinati momenti in modo esclusivo alla seconda lingua, ad esempio il fine settimana.

Pro e contro dei due metodi

I vantaggi del metodo OPOL

  • Quando un genitore parla in modo esclusivo la lingua minoritaria, senza contaminazioni, è più facile evitare il Code Switching, quella particolarità dei bilingui di mescolare le due lingue.
  • Secondo molti esperti è il metodo che da maggiori garanzie di successo.

Gli svantaggi

  • Se il genitore lavora full time a volte è difficile garantire una sufficiente esposizione alla lingua minoritaria.
  • I bambini sono attenti ad economizzare sforzi ed energie da dedicare invece a quel che risulta più necessario: se sono convinti che una lingua serva a comunicare con una sola persona, possono decidere che non valga la pena sforzarsi di parlarla. Tanto più che, per quanto un genitore si sforzi di essere coerente, difficilmente riuscirà, come vorrebbero i puristi, a nascondere al bambino di essere in grado di capire anche la prima lingua. Davvero fingerete di non capire quando il panettiere vi rivolge la parola?

I vantaggi del metodo MLAH

  • E’ più flessibile e si adatta alle esigenze del menage familiare.
  • Garantisce una maggiore esposizione: nel momento in cui il genitore che introduce la lingua minoritaria prende coscienza di non essere solo, ma di poter usufruire di un ulteriore supporto (nonno, zia, tata, gruppo di gioco nella lingua minoritaria), si sforzerà di moltiplicare le occasioni di esposizione e creare una rete.
  • Attribuisce alla lingua minoritaria un maggior “prestigio”: la componente emotiva è molto importante nell’apprendimento della lingua minoritaria. Quanto più il bambino si rende conto che c’è un microcosmo parallelo che comunica con la seconda lingua, sarà più propenso ad usarla.

Gli svantaggi (o presunti tali)

  • Il metodo MLAH favorisce il Code Switching, la mescolanza delle due lingue. Alcuni studiosi ritengono che questo sia un problema, ma le recenti scoperte delle neuro scienze hanno dimostrato che il bambino non fa confusione tra le due lingue. Al contrario. Spesso l’interferenza è intenzionale o opportunistica, nel senso che il bambino conosce quella parola in una sola lingua e la inserisce invece di parafrasare per spiegare il concetto. Ad esempio Ettore ha chiesto alla maestra di inglese se le piace la “wobbly mozzarella”: un modo creativo per tradurre “burrata”: una mozzarella traballante! Spesso mi trovo io stessa ad usare sia l’inglese che l’italiano con i miei bambini nella stessa giornata, spesso nella stessa frase. Questa strategia viene usata da loro per comunicare con me, con papà, e con le altre persone che condividono entrambi i codici linguistici (come la maestra).
  • Per lingue meno diffuse può essere difficile creare una rete o occasioni di comunicazione nella lingua minoritaria. Una mia amica francese, che non ha parenti o amici francesi in Italia, ha dovuto aspettare una vacanza lunga in Francia, dai nonni, per avere la conferma definitiva che il figlio più grande (4 anni) non solo capiva, ma era anche in grado di parlare il francese.

Le condizioni per il successo

Che decidiate di adottare il metodo OPOL o il metodo MLAH, le vere condizioni per il successo del vostro progetto di educazione bilingue saranno altre.

Coerenza

La seconda lingua deve far parte in modo coerente del ménage familiare: essere inserita in determinati contesti, tutti i giorni, con supporti specifici e dedicati. Ad esempio, se decidete che libri e cartoni sono supporti utili, i libri e i cartoni in casa saranno dedicati esclusivamente alla seconda lingua, non solo saltuariamente.

Prevedibilità

Bilinguismo fa rima con ripetitività e prevedibilità: sapere esattamente che cosa sta per succedere da sicurezza e favorisce l’apprendimento in profondità. Quindi niente sorprese: nel momento in cui decidete di dedicare la seconda lingua a determinati contesti o attività, non lavorate troppo di fantasia, elaborate dei rituali fissi e ripetitivi. Questo aiuterà il bambino a sentirsi sicuro e sereno, sapendo esattamente cosa ci si aspetta da lui in ogni momento.

Costanza

Questa è sicuramente la regola d’oro del bilinguismo, e la più faticosa da rispettare: non aspettatevi grandi risultati se, travolti dagli eventi, vi capiterà di non esporre per mesi il bambino alla lingua minoritaria. Ricominciare non sarà certo impossibile, ma si tratterà di un “lavoraccio”: il bambino lo percepirà come un “attacco” alla sua amata, prevedibile routine, e farà fatica a interpretare le vostre aspettative nei suoi confronti.

Il metodo migliore per voi

Anche se inizialmente non sono stata del tutto consapevole di che metodo applicare, a posteriori posso dire di aver approfittato del primo anno di vita, sfruttando la maternità, per dare una prima base forte all’apprendimento dell’inglese, usando per un po’ il metodo OPOL. Sapendo che in seguito i bambini sarebbero stati esposti in modo preponderante all’italiano, quando la nostra vita è diventata più complessa, sono passata al metodo MLAH. Ora anche mio marito si rivolge ai bambini in inglese: quando loro devono spiegarsi sanno che anche papà li capirà, se vogliono una storia, sanno di poterla chiedere anche a lui. D’estate cerco centri estivi con personale madrelingua. La maestra introduce l’inglese anche a scuola, ed organizza dei gruppetti extra orario scolastico a supporto.

Che scegliate l’uno o l’altro metodo, vi consiglio di non pensare tanto a quale può essere il metodo migliore in termini assoluti, quanto piuttosto a quello che meglio si adatta alla vostra vita famigliare. Non è necessario nemmeno usare un solo metodo: potete, come me, passare da un metodo all’altro quando lo riterrete opportuno. Nel frattempo: in bocca al lupo!

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