Per crescere un bambino bilingue, ogni attività nella seconda lingua è preziosa. Ma qual è la più efficace per migliorare le competenze linguistiche del bambino? Quale quella che stimola maggiormente le aree del cervello deputate al linguaggio? E in che modo lo fa? Se il tempo è sempre poco, vediamo come ottimizzarlo dedicandolo alle attività più efficaci.
Che cos’ è l’Effetto Riccioli D’Oro
I miei gemelli non sono mai stati degli appassionati di Riccioli d’Oro: forse preferiscono identificarsi con bambini meno monelli (!). Eppure questa storia da il nome ad un interessante fenomeno osservato nell’ambito della psicologia evolutiva: il cosiddetto Goldilocks effect.
Sembra che i bambini vengano attirati maggiormente dagli eventi e dalle attività che non sono né troppo facili, né troppo difficili rispetto alla loro capacità cognitiva.
Proprio come Riccioli d’Oro, che evita le pietanze o gli oggetti di papà e mamma orsa, attirata da quelli del cucciolo di orso che sono sempre della grandezza o della temperatura giusta per lei. Questo vale per tutti i bambini (ma può in determinati contesti valere anche per gli adulti): le attività più idonee a sviluppare le capacità cognitive, nonché quelle che attirano l’attenzione del bambino sono quelle più adatte a lui in quel momento.
Se lo scopo è far imparare una seconda lingua ai nostri bambini, il Goldilocks Effect è qualcosa di cui faremo bene a tenere conto. Mi ha fatto venire in mente una frase di Ignacio Estrada, un famoso pedagogista:
“If a child can’t learn the way we teach, maybe we should teach the way they learn” (Se un bambino non riesce ad imparare nel modo in cui insegnamo, forse dovremmo insegnare nel modo in cui il bambino impara).
Quando si tratta di scegliere a quale attività dare la precedenza, è importante sapere come impara il bambino, e capire se il livello dell’attività che proponiamo è adatto a farlo imparare al meglio. Dovendo scegliere tra guardare un cartone animato, ascoltare un audiolibro, o leggere un libro illustrato, quale delle tre attività è più efficace nell’esporre il bambino alla seconda lingua, e perché? Proviamo a rispondere.
Audio, illustrazione e animazione: uno studio comparato
Gli effetti dell’esposizione agli schermi e ai loro contenuti nella prima infanzia è ancora poco studiata. Se ci pensate, rispetto alla nostra generazione, dove l’unica esposizione agli schermi era data dalla TV e dal cinema, le nuove generazioni hanno un accesso pressoché illimitato fin dai primi mesi. Mi capita di vedere bambini che guardano video sul cellulare in passeggino, mentre aspettano di entrare in piscina o dal medico, al ristorante, insomma, ovunque.
Molti obiettano che si tratti comunque di un modo di imparare come un altro. In verità si sa ben poco di quali siano effettivamente gli effetti a lungo termine di una esposizione così prolungata. Uno studio canadese del 2018 a cura del Dr. John Hutton, pediatra e ricercatore del Cincinnati Children’s Hospital, tenta di dare le prime risposte.
L’intento è stato quello di capire quanto il “formato” in cui una storia viene raccontata influenzi il coinvolgimento delle parti del cervello deputate a sviluppo del linguaggio, capacità immaginativa e apprendimento. Il libro dell’autore Robert Munsch, “Love you Forever” è stato presentato come audio libro, libro illustrato e cartone animato ad un campione di bambini in età prescolare, confrontando, tramite risonanza magnetica, come vengono stimolate le diverse aree cerebrali. Ed è qui che torna in ballo il Goldilocks Effect: quando il letto non è né troppo duro, o troppo morbido, ma è proprio quello giusto.
Audio libro: troppo “duro”
In età prescolare l’audio libro risulta essere un mezzo troppo “duro”: i bambini non dispongono ancora di una sufficiente quantità di immagini nella loro testa per crearne a supporto di una storia veicolata solo tramite audio. La risonanza ha mostrato che le aree cerebrali deputate al linguaggio erano fortemente impegnate nella comprensione della storia, ma lo sforzo creava poche connessioni con altre aree del cervello.
Animazione video: troppo “morbido”
La storia veicolata tramite immagini animate (insomma, un cartone per capirci) è risultata invece troppo “morbida”. Le aree cerebrali deputate al linguaggio e alla elaborazione delle immagini erano molto attive, ma anche questa volta con poche connessioni tra le varie aree del cervello. Secondo il Dr. Hutton l’animazione stava facendo il lavoro al posto del cervello dei bambini. Inoltre le aree cerebrali particolarmente attive erano quelle relative alla rete neurale denominata DMN default mode network. Da qui ho capito la spiegazione scientifica dello sguardo ebete che spesso hanno i miei figli davanti alla TV: questa rete neurale si attiva quando ci stacchiamo dal mondo che ci circonda, e non siamo attivamente concentrati o impegnati in una data attività. La comprensione della storia è, tra l’altro, risultata peggiore rispetto agli altri due format.
Storia illustrata: il “giusto” mezzo

Nella lettura del libro illustrato l’attività dell’area deputata al linguaggio era meno intensa rispetto al format solo audio, grazie all’aiuto e al supporto delle immagini. Ma con questo format i ricercatori hanno rilevato una maggiore connessione tra tutte le aree cerebrali interessate: visuale, immaginativa, linguistica e perfino la rete DMN.
Hutton spiega che le reti DMN e quella deputata alla creazione di immagini mentali maturano più tardi, ed hanno bisogno di essere “allenate” a creare connessioni con altre aree cerebrali. L’eccessiva esposizione ad immagini animate potrebbe non consentire un adeguato sviluppo di queste connessioni. Si tratta al momento solo di ipotesi, che dovranno essere supportate da ulteriori studi, ma è comunque un’indicazione importante.
Quello che mi ha maggiormente colpito di questo studio e delle varie interviste al Dr. Hutton, è stata una delle delle conclusioni. A causa della costrizione causata dal macchinario per la risonanza, manca la valutazione della componente affettiva e fisica della lettura ad alta voce da parte dei genitori, così come l’interazione tra l’adulto che legge e il bambino (tipo “dov’è finito il cappello di Tom?” “L’ha portato via il vento!”). Si tratta di un livello ulteriore di attivazione delle reti neurali tutto da studiare, ma che, grazie a quello che già si sa sul ruolo dell’ossitocina nello sviluppo cerebrale, è sicuramente un ulteriore propulsore dell’apprendimento della lettura di libri illustrati in età prescolare.
In conclusione: come e cosa scegliere
Non credo che da questo interessantissimo studio si debba trarre la conclusione talebana di eliminare cartoni animati o audio libri. E’ indubbio che i libri illustrati per i bambini da 0 a 5 anni siano il mezzo migliore per sviluppare il vocabolario, il linguaggio e la capacità di creare immagini mentali (molto importante per educare appassionati lettori dopo i 6 anni). Nel complesso si tratta di un mezzo ideale per introdurre una seconda lingua e crescere bambini bilingui. Questo non vuol dire che anche i cartoni, dopo i due anni, non possano essere utili. I gemelli imparano un sacco di parole e modi di dire dai cartoni, ci sono serie molto interessanti anche per i bambini in età prescolare. Ciò non toglie che cominciare con la lettura ad alta voce fin dai primi mesi è fondamentale non solo per l’inserimento di una seconda lingua, ma soprattutto per lo sviluppo cognitivo del bambino in generale.
Ti potrebbero interessare anche:
Leggere i libri insieme nella seconda lingua
Fiabe della buona notte per piccoli camaleonti