Bilinguismo
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Bilinguismo e fallimento: quando tutto va a rotoli

bilinguismo e fallimento

Storie di bambini che avrebbero dovuto crescere bilingui

Ci sono situazioni in cui sembrerebbe naturale e scontato crescere un bambino bilingue. Genitori di diverse nazionalità, famiglie che per svariate ragioni vivono in un paese diverso da quello di origine, genitori cresciuti nel bilinguismo che parlano due lingue a livello di un nativo. A noi genitori non nativi, che ci mettiamo tutto l’impegno possibile, spesso affrontando il triplo dei pregiudizi, queste situazioni sembrano idilliache. Eppure a volte bilinguismo e fallimento vanno a braccetto, e anche in situazioni di questo tipo ci sono bambini che finiscono per restare monolingui in contesti di bilinguismo.

Il fallimento di un progetto bilingue

Resta sempre un po’ un senso di assenza e di vuoto quando il bilinguismo va incontro al fallimento. La presenza della lingua che avrebbe potuto esserci, e invece si è persa, rimane sempre un po’ nell’aria, come una promessa non mantenuta, o come un semino, rimasto nella terra ma mai sbocciato. Vi racconto quattro storie di bilinguismo e fallimento, storie di bambini che avrebbero potuto essere bilingui, ma non lo sono stati. Ecco tutto quello da evitare se si vuole coltivare e far sbocciare la naturale attitudine dei vostri bambini ad imparare più lingue contemporaneamente.

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Quando manca il progetto

Alberto vive negli Stati Uniti, ha sposato un ragazza, Janet, che prestava il servizio militare nella caserma NATO di Vicenza. Le opportunità di lavoro portano entrambi a vivere negli USA, dove si stabiliscono definitivamente dopo che Janet lascia l’esercito. Dopo oltre 15 anni di matrimonio arriva Jason. Alberto non ha più i genitori in Italia, solo un fratello con cui ha rapporti occasionali. Viene in Italia ogni due anni, rivede gli amici di gioventù, va a trovare qualche parente. Quando gli ho chiesto come fosse possibile che Jason non parlasse neanche un po’ l’italiano, mi ha risposto non gli viene più naturale parlare in italiano. “Parlo tutto il giorno in inglese, penso in inglese, perfino i miei sogni sono in inglese. E poi Jason non avrebbe nessun altro con cui parlare italiano se non me”. Jason ha 5 anni, è venuto in Italia due volte nella sua vita, in italiano sa dire “mi scappa la pipì”.

Se qualcuno si intromette

Hans e Laura si sono conosciuti negli anni ’70 all’Università di Padova. Lui tedesco, lei italiana. Quando nasce la piccola Marthe è una sorpresa inaspettata, ma l’amore è tanto e, nonostante le difficoltà, i due novelli genitori continuano a frequentare i corsi. Per i primi 5 anni della sua vita Marthe vive in Italia, ma Hans le parla in tedesco e le vacanze si fanno in Germania dai nonni. Marthe è perfettamente bilingue, parla l’italiano come prima lingua e il tedesco come seconda. Nel frattempo Hans si laurea, e la famiglia si trasferisce definitivamente in Germania. Marthe comincia la scuola. Non sono molto informata al riguardo, e non so se la situazione della scuola tedesca sia ancora questa, ma al tempo, da quel che mi ha raccontato Laura, vigeva un sistema estremamente selettivo. I risultati della scuola elementare potevano compromettere tutto il percorso di studi e precludere l’accesso agli studi universitari. Marthe fatica con il tedesco, e come potrebbe essere altrimenti dato che è la sua seconda lingua. I suoi risultati in tedesco stanno compromettendo la sua media. Laura è disperata: Marthe è bravissima in matematica, come si fa a decidere il suo futuro sulla base dei voti che ha a 7 anni? Laura smette di parlarle italiano e si concentra esclusivamente sul tedesco. Oggi Marthe ha 40 anni, fa l’ingegnere, ma parla un italiano scarsissimo, per lunghi periodi non ha nemmeno voluto parlarlo, non riesce a sostenere una conversazione in italiano, al massimo ordinare al ristorante e chiedere il conto.

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Maledetta pigrizia

La mamma di Stefania è croata e ci ha tenuto a crescerla bilingue. Le zie le sono molto affezionate, e fin da piccola ha sempre passato le vacanze in Croazia. Ancora oggi non manca di passare dei periodi con la famiglia della madre e con le cugine che sono per lei come delle sorelle. Quando nasce Arianna la tradizione di famiglia non si interrompe, e le vacanze si fanno rigorosamente in Croazia. Stefania vorrebbe insegnare il croato a sua figlia, ma non ci si è mai veramente impegnata. Ha perfettamente consapevolezza di quanto le sarebbe utile: “il croato è una lingua slava, ha un sacco di suoni complessi che non sono presenti nell’italiano, le servirebbe moltissimo anche per imparare in futuro altre lingue” mi dice. E quindi cosa aspetti? Le rispondo. Arianna ha 5 anni, oramai le sembra tardi ed è doppiamente difficile. Prova ogni tanto a parlarle in croato, ma la bambina le dice “Mamma, perché mi parli così che non capisco niente?”.

Quando i pregiudizi uccidono il bilinguismo

Cosimo e Rosanna, sono originari della provincia di Caserta. Sono emigrati in Germania negli anni ’60 quando avevano 20 anni. I loro figli Luigi e Annalisa sono nati entrambi in Germania. La vita non è facile, entrambi lavorano tutto il giorno e i bambini durante il giorno stanno con una vicina. E poi il tedesco non è una passeggiata: nessuno dei due l’ha mai studiato prima, quindi alla sera per i primi anni frequentano anche dei corsi serali. Cosimo e Rosanna vogliono che i loro figli non abbiano nessuna delle difficoltà che stanno affrontando loro, non dovranno mai battagliare per comunicare in quello che è, a tutti gli effetti, il loro paese e la loro lingua. Così cominciano a parlare tedesco anche in casa. A 12 anni però a Luigi manca qualcosa: “perché non mi avete mai insegnato l’italiano?” chiede. E dopo molte insistenze comincia a frequentare un corso di italiano. Io e Luigi ci siamo conosciuti quando aveva 18 anni: era il suo viaggio premio in Italia per la maturità. Il suo italiano era scolastico, ma fluido nonostante il forte accento tedesco. Ci sentiamo ancora oggi: il figlio di Luigi, Marco, l’anno scorso ha frequentato per due mesi un corso di italiano a Venezia, come premio per la maturità! Annalisa invece non ha mai imparato veramente la lingua dei genitori.

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Storie di bilinguismo e fallimento per non commettere gli stessi errori

Come se non fosse già abbastanza difficile, mi direte, ci racconti queste storie per scoraggiarci? Assolutamente no. Al contrario, da queste storie potete ricavare quattro insegnamenti fondamentali per non far vacillare il vostro progetto bilingue:

  • partite con un progetto ben chiaro in mente, non fatevi cogliere alla sprovvista, crescere un bambino o una bambina bilingui richiederà un grande sforzo di consapevolezza;
  • la scuola è spesso il più grande nemico del bilinguismo e la più comune causa di fallimento del bilinguismo precoce di un bambino. Fare in modo che la prima lingua diventi la seconda e viceversa non vuol dire eliminare una delle due lingue, vuol dire solo potenziarne una per permetterle, in quel momento, di essere la più consolidata;
  • non permettete alla pigrizia di avere il sopravvento e, anche se avete perso tempo prezioso, fino ai 12 anni non è mai troppo tardi per diventare bilingui, richiede uno sforzo supplementare, ma è assolutamente fattibile;
  • siete voi i primi a non dover avere pregiudizi: la condizione di un bambino che viene esposto a due lingue in contemporanea non ha nulla a che fare con quella di un adulto, il vostro cervello funziona in modo completamente diverso, non dimenticatelo. Crescere bilingui eviterà ai vostri figli proprio le difficoltà che hanno gli adulti nell’apprendere una lingua straniera.

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