Accento e pronuncia nella seconda lingua: perché è un falso problema
Uno dei crucci più grandi dei genitori che espongono i propri figli precocemente ad una seconda lingua è la questione dell’accento. “Perché mia figlia parla russo con uno smaccato accento italiano?” Quando poi si parla di genitori non nativi, ovvero che insegnano quella che per loro è una lingua straniera, i pregiudizi si sprecano. Qui addirittura molti sostengono che genitori non madrelingua non dovrebbero nemmeno provare ad esporre i bambini ad una seconda lingua, altrimenti, ci dicono, “prendono anche il tuo accento e la tua pronuncia”. Proviamo a vedere perché è un falso mito che i bilingui non abbiano un accento e cerchiamo di capire perché non è un problema.
Cosa dice la scienza su bilinguismo, pronuncia, intonazione e accento
“La pronuncia di una lingua dipende dalla capacità di articolare correttamente i suoni (fonemi), dall’intonazione (prosodia) e dall’accento” (Neuropedagogia delle Lingue, Franco Fabbro). Tutti i bambini, indipendentemente dal paese in cui vivono e dalla lingua alla quale vengono esposti, imparano a parlare nello stesso identico modo. I bambini sono in grado di distinguere i suoni di tutte le lingue fin dal ventre materno, sviluppano questa capacità a partire dal terzo trimestre della gravidanza. Non solo, fino all’età di 1 anno hanno la capacità di discriminare i fonemi di qualsiasi lingua. Dopo l’anno il bambino comincia gradualmente a perdere questa capacità e discrimina solamente tra i suoni della lingua o delle lingue a cui è esposto.
Fino agli 8 anni questa capacità di discriminare suoni diversi è in qualche modo reversibile: se un bambino è immerso in più di una lingua può acquisire una pronuncia perfetta. Tenete conto però che, per quanto riguarda la seconda lingua, soprattutto per quanto riguarda l’intonazione e l’accento, la prima lingua tende in parte a filtrare i suoni della seconda.

Essere bilingue vuol dire parlare senza accento: un falso mito
Per molti sarà una doccia fredda: l’equivalenza tra bilinguismo e assenza di accento è un pregiudizio al contrario. La maggior parte dei bilingui, salvo rare eccezioni, parlano la seconda lingua con un accento influenzato dalla prima lingua. Quanto sia presente o marcato questo accento dipende dalla storia individuale di ciascuno: la predisposizione personale, la quantità di tempo dell’esposizione, l’età in cui la seconda lingua è stata acquisita (prima o dopo gli otto anni), il tempo trascorso nel paese dove si parla la seconda lingua.
In questo caso non posso non citare l’esempio più famoso: lo scrittore Joseph Conrad è considerato uno dei pochi casi di multilinguismo bilanciato. Di prima lingua polacco, seconda lingua francese, terza lingua inglese. Si dice che non perse mai il suo forte accento polacco, sia nel parlare la seconda, che la terza lingua. Il suo accento non comprometteva la sua perfetta conoscenza delle lingue parlate, tanto da annoverarlo tra uno dei più grandi autori della letteratura modernista inglese sebbene non fosse madrelingua.
Di accenti è pieno il mondo e va bene così
Ma è poi veramente possibile parlare senza accento? Per noi italiani sembra proprio di no, ma per quel che mi è capitato di viaggiare il mondo direi che questo valga per tutte le lingue. E’ veramente necessario parlare con accento British per poter dire di essere bilingue italiano – inglese? Come la mettiamo con gli irlandesi? Scozzesi e gallesi ne abbiamo? Parliamo dell’incredibile differenza nell’accento dello spagnolo parlato in Spagna e di quello del Sud America? Solo per fare qualche esempio.
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Genitori non madrelingua e pronuncia: perché vale la pena sempre e comunque
Come dicevo, la questione di assimilare un accento straniero nell’esposizione alla seconda lingua è uno dei pregiudizi che affligge maggiormente i genitori non nativi come me. La pericolosa idea che per insegnare una lingua sia necessario essere madrelingua si sta facendo strada anche nei media. Anche qui, basterebbe andare a vedere cosa succede in altri paesi del mondo per rendersi conto che, insegnare una seconda lingua durante l’infanzia ha un enorme valore a prescindere. Dell’accento ci si può occupare anche in seguito.
Il caso dell’India
Pensate a cosa succede ad esempio in India. Ogni stato dell’India parla una lingua diversa: un abitante del Rajastan difficilmente capirà un abitante del Maharashtra, o uno del Tamil Nadu. Quindi come comunicano tra di loro gli indiani? In hindi? Non proprio. In inglese, un vestigio dell’epoca coloniale! Tutti lo parlano, chi più chi meno. Gli appartenenti alle classi più facoltose lo parlano molto bene, e, udite udite, spesso lo parlano ai loro bambini piccoli, in modo che lo imparino senza sforzo. Se andate in India vi capiterà spesso di sentire genitori che si rivolgono in inglese ai loro figli, e vi capiterà anche di battagliare con un pesante accento indiano che spesso, finché non ci si abitua, rende un po’ difficile la comunicazione.
Questo non è certo un motivo sufficiente per rinunciare ad esporre i bambini alla seconda lingua fin da piccoli. Quando saranno grandi, non sarà un problema per loro seguire un programma di “Accent Neutralization”, dove degli esperti li aiuteranno ad attenuare se non perdere del tutto il marcato accento indiano.
Le risorse per migliorare la pronuncia
Detto questo, anche se l’accento e la pronuncia non ci devono fermare, che si sia madrelingua o no, questo non toglie che si possano usare delle risorse per migliorare al massimo il parlato nella seconda lingua. Oggi abbiamo solo l’imbarazzo della scelta:
Cantare: imparare delle canzoni è utilissimo, pur che si imparino da tracce originali. YouTube in questo caso è uno strumento utilissimo, trovate un’infinità di canali tematici dedicati alle canzoncine per bambini virtualmente in tutte le lingue.
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Audiolibri: vanno benissimo soprattutto per i bambini più grandi (dai 6 anni), online trovate moltissimo materiale. Sono ottimi da usare per i lunghi viaggi. Per bambini di questa età, che cominciano anche ad essere in grado di leggere vi consiglio gli audio libri della serie di Dory Fantasmagory: i bambini ne vanno matti, il linguaggio è semplice, e pur essendo una serie di grande successo editoriale, mantiene un’ottima qualità letteraria. Li trovate tutti con prove gratuite con Audible di Amazon o anche su audiobooks.com
Cartoni animati: sono utilissimi, ma non ve li consiglio prima dei due anni, e anche dopo, con molta parsimonia. Da quell’età in poi, se deciderete di inserire delle attività a schermo, sarà utile abituare i vostri bambini all’idea che la televisione o il tablet parlano esclusivamente la seconda lingua.
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Ospitare un/a Au-Pair: se non ci avete mai pensato, fatelo! Tutte le famiglie che ho conosciuto hanno avuto delle esperienze meravigliose con questo sistema. Tutto quello che vi serve è avere a disposizione una stanza della casa da poter dedicare esclusivamente ad ospitare una persona. Oltre ad un validissimo aiuto con i bambini, è un ottimo modo per offrire una grande esposizione, in termini di tempo, alla seconda lingua. Mi hanno consigliato aupairworld.com come miglior sito per mettere in contatto famiglie e ragazzi/e da tutto il mondo che desiderano fare questa esperienza.
Gruppi di gioco e centri estivi con madrelingua: stanno nascendo un po’ ovunque, anche se ovviamente l’offerta è più vasta nelle grandi città. A partire dai tre anni li consiglio vivamente.
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