Perché non serve
Anche questo è uno dei crucci dei genitori che hanno l’ardire di volerle insegnare più lingue in contemporanea ai propri figli. La seconda lingua, o lingua minoritaria, diventa sempre oggetto di non poche ansie: perché il bambino mischia le due lingue, perché nella seconda non parla, e perché quando parla fa degli errori.
In questo post voglio parlarvi proprio di questo: cosa dobbiamo fare quando i bambini fanno errori nella seconda lingua? Li correggiamo? In che modo dobbiamo farlo? Ma sopratutto, serve veramente?
Quanto è efficace correggere gli errori?
Cerchiamo di capire se correggere i bambini quando sbagliano forme grammaticali o sintattiche si traduca o meno in un miglior modo di esprimersi nella seconda lingua. Mi spiego meglio: se mio figlio continua a dire “thinked” in inglese invece di “thought”, qual è la miglior strategia per fare in modo che cominci a usare la forma corretta? La cosa che a molti noi verrebbe più spontanea è dire qualcosa del tipo: “No amore, non si dice così, ma colà”, oppure “Dillo bene, si dice colà”. In concreto la reazione più spontanea sarebbe quella di correggere l’errore, facendo notare al bambino dove sta sbagliando. Ma quanto è efficace farlo?
Gli studi linguistici vanno sempre più nella direzione di dire che correggere gli errori non si traduce in un miglioramento dell’acquisizione linguistica. Piuttosto l’effetto potrebbe essere un blocco della produzione, detto in termini chiari, il bambino non parlerà, o lo farà di meno.

Prima e seconda lingua a confronto
Questa è una cosa che spesso ci dimentichiamo di fare, ma che ci aiuta sempre a riportare le cose sotto la giusta prospettiva. Gli studiosi hanno analizzato i comportamenti dei genitori quando parlano con i loro bambini. Correggono gli errori? Quanto? E in che modo?
In realtà no, non lo facciamo spesso, o meglio, più che correggere gli errori grammaticali correggiamo gli errori di senso. Ovvero di fronte a “vorrei che Babbo Natale mi porti al parco” è più probabile che un genitore dica “Babbo Natale in questo periodo ha cose ben più importanti da fare che andare al parco con i bambini”, piuttosto che dire “si dice che mi portasse, non che mi porti”. Questo succede per la prima lingua, che solitamente si acquisisce alla perfezione. Possiamo per estensione dire che, anche nella seconda lingua, non è necessario correggere gli errori per garantirne una buona padronanza.
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Che cosa sono gli ipercorrettismi e perché dobbiamo andarne fieri
Ci sono errori ed errori, e solitamente quelli dei bambini che acquisiscono una lingua sono ipercorrettismi. Ai miei bambini ancora oggi (6 anni) qualche volta scappa un “aprito”: non credo siano gli unici. Di primo acchito potremmo pensare che questo sia un grossolano errore, quindi qualcosa da correggere. Certo, meglio che imparino il prima possibile a dire “aperto”. Ma da dove viene quella che a noi può sembrare una parola così strana? Viene semplicemente dal coniugare il verbo aprire come se fosse un verbo regolare.
Ecco perché dobbiamo essere contenti di questi errori: una volta che un bambino dice “aprito” vuol dire che nella sua testa ha acquisito la coniugazione regolare dei verbi con desinenza -ire. Non pensate che sia meraviglioso? Nessuno gli ha mai spiegato cosa è un verbo e cos’è una coniugazione, ma il loro meraviglioso cervello bilingue ha fatto tutto da solo! Ecco perché se mio figlio Giulio dice “thinked” devo essere contenta: ha imparato il past tense in inglese, senza che nessuno gli spiegasse nulla!

Un atteggiamento sereno è il migliore propulsore del linguaggio
Quando si muove una critica, il cervello di chi ascolta ha istintivamente una reazione di chiusura e difesa. E’ per questo che, in generale, le neuroscienze ci indicano che segnalare gli errori può in realtà essere controproducente. Nelle famiglie bilingui questo è un fattore da tenere sempre in considerazione: la seconda lingua non dovrebbe mai diventare occasione di critica o rimprovero. In questo modo si abbassa quello che il linguista Stephen Krashen chiama il “filtro affettivo“. Se parlare nella seconda lingua diventa fonte di ansia il bambino tenderà a rigettarla, o a sviluppare sentimenti di ansia. In un gruppo per genitori plurilingui un papà manifestava in concreto tutto il suo disagio. Quando era piccolo la madre lo costringeva, tornato da scuola, ad estenuanti lezioni di cinese, con punizioni severe per ogni errore o svogliatezza. Una volta adulto, anche se consapevole del regalo che avrebbe fatto ai figli insegnando loro il cinese, ancora non riusciva a liberarsi della sensazione di malessere e disagio che gli dava esprimersi in questa lingua.
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Ma allora come fare per correggere gli errori?
Domanda: chi di voi ha mai sentito un madrelingua italiano adulto dire “aprito”? Come mai? In fondo è uno degli errori più comuni dei bambini che lo imparano come prima lingua (assieme a “a me mi piace”). In realtà la pratica della lingua e la lettura sono più che sufficienti alla correzione degli errori: a furia di sentire “thought” invece di “thinked”, Giulio ha cominciato a coniugare questo verbo irregolare in modo corretto. Se proprio non resistete alla tentazione di segnalare l’errore, o se diventa estremamente ricorrente, limitatevi a dire con dolcezza la forma esatta. Possibilmente senza interrompere il flusso dei pensieri della vostra bambina o del vostro bambino: è una tale gioia ammirarli nell’arduo compito di mettere in ordine i concetti, soprattutto se lo fanno nella seconda lingua, che è un vero peccato interferire!