Perché il racconto stimola l’acquisizione delle lingue
Siamo animali di storie, in tutte le epoche, a tutte le latitudini, gli esseri umani le raccontano, ben prima di essere in grado di scriverle. Ma cosa rende così importanti le storie? E perché sono fondamentali nell’acquisizione della prima e delle successive lingue che un bambino sarà in grado di acquisire?
In questo post voglio farvi riflettere su quanto il racconto, la lettura ad alta voce, le fiabe che inventiamo per i nostri figli nella penombra di una cameretta accogliente, possano essere potenti per la psiche dei bambini (ma anche degli adulti!), e come sfruttarli al meglio per trasmettere una seconda lingua in modo naturale ed efficace.
Il cervello umano ha bisogno di storie
Vi siete mai domandati perché non esista gruppo umano conosciuto che non racconti storie? Dalle inospitali tundre del nord, alle tribù amazzoniche incontaminate, in tutte le epoche conosciute, gli esseri umani hanno raccontato storie. Ci inventiamo e raccontiamo storie anche quando stiamo dormendo, con sogni che a volte sono comparabili al lavoro di un buon romanziere. Molti studiosi hanno cercato di rispondere a questa domanda, formulando le più disparate teorie. Tutte concordano nell’affermare che il cervello umano abbia, per una ragione o per l’altra, un incredibile bisogno di storie.
E se il bisogno di storie è tanto più evidente nell’età evolutiva, non cessa mai veramente, anche se si esprime in modo diverso. Gli strumenti che il nostro recente passato e la nostra contemporaneità hanno messo in campo per raccontarci delle storie sono innumerevoli. Non penso solo all’immensa produzione letteraria, ma al teatro, ai film, alle serie TV, ai videogiochi, alle app digitali, agli audiolibri, e chissà quanti altri ne inventeremo.
Il monologo interiore: le storie che ci raccontiamo
L’acquisizione del linguaggio da parte dei bambini avviene da 0 a 3 anni. In questo periodo il cervello è strutturato per permettere l’acquisizione di una o più lingue in modo naturale e non mediato. Una volta acquisita la capacità di parlare e interpretare il linguaggio altrui, pian piano comincia quello che viene definito lo “stream of consciousness”. Si tratta di quel flusso di pensieri che affolla la nostra mente in ogni momento della giornata. Potremmo vederlo anche come un continuo racconto interiore, che usa il linguaggio come veicolo principale.
Alcuni scienziati sostengono addirittura che, se nei primi tre anni di vita, un bambino non viene esposto a nessun linguaggio (ad esempio in quali rarissimi casi di bambini sopravvissuti nella foresta e accuditi da altri animali), viene compromessa per sempre la capacità di acquisire il linguaggio. Ma non solo, verrà addirittura a mancare quel monologo interiore veicolato dal linguaggio. Non penseremo più a parole, ma tramite una sequenza di immagini.

La lingua delle storie
Le storie, a livello linguistico, sono ancora più fondamentali. Il linguaggio che veicolano è diverso dal parlato. Le storie sono portatrici di un vocabolario più ricco rispetto a quello usato nella vita di tutti i giorni. Usando prevalentemente il tempo verbale al passato, nelle storie anche la struttura sintattica è più articolata. Ma le parole non sono solo suoni, ma anche attivatori di immagini mentali. Pertanto le storie ci regalano anche un mondo di immagini vivide e complesse che plasmeranno e svilupperanno l’immaginazione e l’inventiva dei bambini che ci ascoltano.
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Complicità, gesti, empatia e sguardi
Il raccontare storie non è fatto solo di linguaggio! Esiste un insieme di codici non verbali che fanno da catalizzatori delle parole. E’ questo che rende questa attività così potente e speciale, sul piano intellettuale, emotivo e anche simbolico. Esiste un filo rosso che accomuna le fiabe raccontate un tempo davanti al focolare, le gesta eroiche che il cantastorie raccontava nelle piazze, e il libro che i genitori leggono ai figli per la buona notte. Si tratta di un insieme di gestualità, recitazione, sguardi che si incrociano che creano quella magica complicità ed empatia tra chi racconta e chi ascolta.
Quando parliamo di bambini questo codice non verbale è ancora più importante. Il rito, la gestualità, anche solo il contatto fisico con l’adulto che legge, producono ossitocina, l’ormone dell’amore, e riducono i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, lo dimostra una recente ricerca. Maggiori sono i livelli di ossitocina, più facile è per il bambino imparare qualsiasi cosa, anche quando si tratta di acquisire una seconda o una terza lingua.
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La metafora della vita che ci prepara alla realtà
Le storie sono il simulatore di volo attraverso cui impariamo ad orientarci nel mondo. Sono l’ambiente sicuro all’interno del quale sperimentiamo le grandi sfide della vita. Le nostre reti neurali si attivano quando eseguiamo direttamente un’azione o sperimentiamo un’emozione. Ma questo avviene anche quando vediamo, leggiamo o ci raccontano di un’azione compiuta da altri. Anche se siamo consapevoli che si tratta di storie, il nostro cervello le processa come se si trattasse di eventi reali. Le storie plasmano letteralmente il cervello di bambini e adulti: i problemi e le sfide che affrontiamo nelle storie, ci allenano ad affrontare le difficoltà della vita reale.
Non proteggiamo i bambini dalle storie
C’è una pericolosa tendenza a voler rendere la vita dei nostri bambini sempre e solo felice e serena. Questa tendenza, tra le altre cose, si scaglia da decenni contro le fiabe della tradizione. Da Pollicino a Biancaneve, le fiabe sono viste come cruente (e lo sono!), spesso portatrici di valori non più attuali, sessisti e razzisti, o vengono ritenute semplicemente superate. Il grande Gianni Rodari se n’era reso conto già negli anni ’60, ma le cose se possibile sono peggiorate. L’editoria per l’infanzia è inondata dalla pubblicazione di pur bellissimi libri per l’infanzia dove, sempre più, comincia a sparire completamente la figura dell’antagonista.
Ma le storie sono metafore della vita, che non è certo sempre rose e fiori, e preparano ad affrontare la realtà. Se dalle fiabe togliamo tutti gli elementi critici, stiamo dando ai nostri bambini un simulatore di volo a cui manca la modalità tempesta di neve, o vuoto d’aria. Spaventare i bambini fa parte del necessario e meraviglioso processo del crescere. Ma non solo: tutto quello che muove forti emozioni stimola la memoria. Più le storie che proporrete ai vostri bambini saranno emozionanti, più saranno intriganti e coinvolgenti, più stimoleranno l’acquisizione del linguaggio e della lingua in cui la storia è raccontata. Vi consiglio quindi di resistere alla tentazione di proteggere i bambini dalle storie. Usate le fiabe classiche, se siete un genitore straniero usate le storie della tradizione popolare del vostro paese e della vostra cultura. Non ve ne pentirete!!!
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