Come, quando e quanto
L’acquisizione del linguaggio è un processo incredibilmente complicato: non ne siamo consapevoli perché è spontaneo e avviene apparentemente senza sforzo. Ma imparare a parlare richiede al bambino la padronanza di un gran numero di abilità complesse, senza le quali è impossibile arrivare al risultato finale: ovvero parlare. In questo percorso così complesso sembra incredibile l’idea di rendere le cose ancora più difficili inserendo due lingue contemporaneamente. Invece si tratta di avere due incredibili benefici al prezzo di uno solo! Vediamo come si può sfruttare l’onda lunga dell’acquisizione della prima lingua per inserire anche la seconda.
Imparare a parlare un passo alla volta: suoni, fonemi e ginnastica vocale
Per poter parlare si deve prima capire. Vi sembrerà scontato che il vostro pupone ancor prima di essere in grado di reggersi in piedi o riuscire a dire il proprio nome sia in grado di capire quello che un adulto gli dice! Ma non lo è! A monte del processo di capire c’è la complicatissima fase dell’imparare a distinguere i fonemi, ovvero i suoni della lingua, per interpretare le parole. Solo a questo punto il bambino mette a punto una faticosa ginnastica tra lingua, denti (quei pochi che ci sono!) e palato, che serve a riprodurre i vari suoni e a pronunciare le parole. Gli errori di pronuncia di questo magico momento rimarranno tra i ricordi più belli per un genitore.
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La presenza di una seconda lingua farà la differenza
La capacità di discriminare e riprodurre correttamente i suoni di una lingua non dura in eterno. Secondo alcuni studi questa capacità del cervello si esaurisce addirittura entro l’anno di vita, soprattutto se le lingue sono molto distanti tra loro e condividono pochi fonemi. Se avete intenzione di insegnare a vostro figlio l’italiano e il giapponese, dovete darvi da fare fin da subito! Non voglio però mettervi troppa ansia: avrete più di una esperienza diretta di bambini che si sono trasferiti in Italia anche a 8-10 anni, da paesi con lingue molto diverse dalle nostre, che parlano italiano con dei perfetti accenti regionali.
Essere consapevoli delle tappe dell’acquisizione del linguaggio vi darà però la capacità di capire l’entità del vantaggio che state dando ai vostri figli esponendoli fin da subito a due lingue: il magico cervello bilingue dei bambini è perfettamente in grado di incamerare e imparare a riprodurre una grande varietà di suoni diversi. Non ci sono problemi di spazio, non rischiate che faccia confusione: sfruttate questa incredibile capacità nel momento in cui è al massimo del suo potenziale.
Due lingue, due grammatiche, due sintassi
Nel cervello di quel meraviglioso piccolo umano, accadono cose meravigliose. Secondo la teoria della Grammatica Universale di Noam Chomsky ogni bambino nasce con una specie di compendio di tutte le possibili regole grammaticali e sintattiche delle lingue del mondo. Chomsky sostiene che per acquisire una lingua specifica il cervello del bambino abbia uno speciale dispositivo di selezione (Language Acquisition Device) che gli permette di passare da una grammatica universale ad una particolare. Anche in questo caso il cervello bilingue dei bambini non ha problemi di spazio: i bambini sono in grado di passare dalla fase a lingua zero, quella della grammatica universale, ad una fase a lingua 1 e 2, ovvero selezionando non una, ma due grammatiche contemporaneamente relative a due lingue diverse. Anche qui: due al prezzo di uno!

Prima e seconda lingua
E ora che avete introdotto due lingue in contemporanea, non fate l’errore di pensare che i vostri figli parleranno perfettamente due lingue. Si chiamano prima e seconda lingua non a caso. Dato che non sarà possibile esporre vostra figlia o vostro figlio in maniera assolutamente paritetica alle due lingue, la competenza nella prima lingua sarà sempre maggiore che nella seconda. Ma attenzione anche questo stato di cose può rapidamente cambiare. Un soggiorno prolungato nel paese in cui si parla la seconda lingua, o un trasferimento faranno facilmente slittare la prima lingua al secondo posto e viceversa. Questo succede anche a persone che non sono bilingui fin dalla nascita.
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E se non spiccica una parola nella seconda lingua?
Molti degli amici che hanno deciso di intraprendere il percorso del bilinguismo hanno una problematica comune. E’ evidente che il bambino capisce tutto quello che gli viene detto nella seconda lingua, eppure non spiccica una parola. Niente paura, nel bilinguismo la comprensione (ovvero la fase passiva) conta al 75%. Quello che viene chiamato “periodo silenzioso” può variare in durata a seconda del bambino e del contesto. Solitamente finisce quando il bambino viene messo nella condizione di interagire con qualcuno che non condivide con lui la prima lingua: l’impellenza di comunicare fa passare dalla fase passiva a quella attiva.
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Quando la tempistica è fondamentale
Così come per la capacità di discriminare suoni e fonemi di lingue diverse, anche le capacità del cervello bilingue dei bambini sono, purtroppo, a termine. Ci sono delle fasi critiche e fondamentali per l’acquisizione di una seconda lingua: l’ultima fase coincide con l’ultima grande potatura sinaptica. In coincidenza con la pubertà, quando l’acquisizione della prima lingua è definitivamente consolidata, il cervello elimina i preziosi strumenti che gli hanno permesso di acquisire il linguaggio.
Quando si impara una lingua dopo questo periodo, la qualità e fluidità nel parlare saranno drasticamente diverse da quelle di una lingua appresa nell’infanzia. In quel caso non si parlerà più di seconda lingua, ma di lingua straniera. Quindi il mio consiglio se volete approfittare del 2 al prezzo di 1 è di non perdete tempo, prima si comincia meglio è.
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